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Spettacoli & Cultura Alba Rohrwacher dà voce a Jane Eyre: un audiolibro per una grande storia
Jane Eyre ha la voce di Alba Rohrwacher. "Una lezione per imparare a ottenere quel che si è sognato" L'attrice legge il romanzo di Charlotte Brontë nell'audiolibro pubblicato da Emons. L'incanto di un incontro tra una grande interprete e la prima protagonista moderna della letteratura.
Sarà che il romanzo di Charlotte Brontë, che legge ad alta voce per venti ore e ventisette minuti (audiolibro pubblicato da Emons, basato sull’edizione tradotta per Neri Pozza da Massimo Ortelio) è uno dei romanzi più affascinanti di sempre. Sarà che pur raccontando i tormenti puritani di una fanciulla dell’età vittoriana riesce a descrivere uno stato d’animo senza tempo come l’amore. Sarà che nonostante i tanti adattamenti cinematografici, gli spettacoli teatrali, i rifacimenti e i prequel, la scrittura della Brontë mantiene intatta quella forza tumultuosa che consacrò Jane Eyre come capolavoro nel 1847 e che ancora oggi non conosce oblio. Sarà per tutto questo, o forse per altro che i critici ancora non sono riusciti a spiegare, ma di certo l’incontro tra una grande attrice e la prima grande protagonista moderna della letteratura, riesce a incantare.
“Leggi una pagina e quella pagina già esiste, a prescindere dalla volontà che tu vuoi imporre a quel testo. La letteratura è più forte, fa di te un tramite per esistere”, dice Alba Rohrwacher in una pausa in sala di registrazione, di fronte alle telecamere che Emons ha voluto puntarle addosso per sapere che cosa del romanzo l’abbia stregata.
Non che sia stato facile. All’inizio quella ragazza maltrattata dalla zia, umiliata nel terribile collegio dove studiava per diventare insegnante, un luogo da incubo simile al collegio dove due delle sorelle della Brontë furono sterminate ancora bambine dalla febbre tifoide, l’aveva persino irritata: “La sua integrità, il suo restare fedele a se stessa, il suo andare avanti senza spostarsi mai, in alcuni momenti mi ha fatto rabbia, quella integrità sembrava trasformarsi in ottusità, volevo dirle cedi, dimentica… E invece aveva ragione lei, proprio comportandosi così è riuscita a coronare il suo sogno d’amore”.
Alba Rohrwacher ha portato in scena i tormenti di una donna innamorata, è stata la ragazzina anoressica de La solitudine dei numeri primi, la madre folle di Hungry Hearts, una sognatrice di periferia, una santa, una perfetta sconosciuta un po’ onesta e un po’ traditrice, una diva biondo platino, una adolescente fragile e assassina, persino un uomo, o meglio una Vergine giurata, una donna costretta a sacrificare la propria femminilità per essere libera. L’abbiamo vista perdere fiducia in se stessa, addolorarsi fino alla disperazione, ma anche esaltarsi, gioire, ritrovarsi… Alba Rohrwacher, al cinema, in teatro e persino in televisione ha cambiato pelle così tante volte che non dovremmo più stupirci di nulla: un’attrice speciale, come l’ha definita Meryl Streep, eppure ascoltarla mentre dà voce a Jane Eyre fa un certo effetto. video.repubblica.it e Leggi l'articolo su Repubblica
Viaggiare in Italia Basilica di San Giacomo Maggiore, Bologna(Cappella Bentivoglio in San Giacomo Maggiore)
Situata su una delle più attraenti piazze di Bologna, la Chiesa di San Giacomo Maggiore venne costruita fra il 1267 e il 1315 dai frati Eremitani di S. Agostino. Ristrutturata alla fine del '400, S. Giacomo presenta forme derivanti da un pastiche di stili diversi: forme romaniche all'esterno e forme gotiche (sagrestia e alcune cappelle) e tardo rinascimentali (navata e altre cappelle) all'interno.
Nello specifico l'interno, formato da un'unica vasta e luminosa navata, accoglie insigni tesori d'arte tra cui la Cappella Bentivoglio e la Cappella Poggi. La prima, voluta dalla Famiglia Bentivoglio, fu fatta costruire da Annibale I Bentivoglio nel 1445 e poi ingrandire da Giovanni II nel 1486 ed è ancora oggi una delle più significative creazioni del primo Rinascimento bolognese.
La seconda, la Cappella Poggi, fu architettata nel 1561 per il Cardinale Giovanni Poggi da Pellegrino Tibaldi, il quale non solo si occupò di creare la cappella ma anche di arricchirla con dipinti come il Battesimo di Cristo e le Storie del Battista. Di particolare rilievo sono anche la tomba di Anton Galeazzo Bentivoglio di Jacopo della Quercia (1453), il quadro con S.Rocco di Lodovico Carracci, due crocifissi lignei di Jacopo di Paolo (sec. XV), vari polittici gotici e pregevoli dipinti dei secoli XVI, XVII e XVIII nelle cappelle.
Di non comune eleganza il portico rinascimentale (1477-81) che affianca la chiesa, sorretto da agili colonne scanalate in arenaria e coronato da un ricco fregio scolpito. Sul portico si aprono varie arche sepolcrali gotiche con avanzi di pitture e da esso si accede alla chiesa di S. Cecilia, arricchita con splendidi affreschi raffiguranti episodi di vita della Santa e di San Valeriano, eseguiti nel 1504-06 dai migliori maestri della scuola bolognese. Fonte: Curia Arcivescovile.Informazioni su Bologna Insieme
Leopoldo Pirelli, una lezione preziosa
Un uomo schivo, riservato, che sa ascoltare soprattutto chi non la pensa come lui, rispettoso degli altri. Nel suo linguaggio tornano di continuo le parole dignità, libertà, uguaglianza, democrazia. Desidererebbe spalancare tutte le finestre del mondo per renderlo migliore, è inorridito dalla malattia della corruzione, convinto che l’onestà e la pulizia finiscano sempre per vincere. Questo scarno ritratto di Leopoldo Pirelli nasce dalla lettura di un piccolo libro, Esperienze e riflessioni, che uscirà tra breve nelle edizioni di Rosellina Archinto. È un grande industriale anomalo del Novecento, Leopoldo Pirelli, non certo un sovversivo. Sente nel profondo la responsabilità di guidare l’azienda dove ha lavorato per mezzo secolo, crede nella libera impresa privata, «insuperata come strumento per promuovere migliori condizioni di vita e come garanzia della libertà generale nel campo non soltanto economico, ma anche sociale e politico». Lo sa fare con modi civili, senza arroganza padronale. Vuol convincere più che comandare.
Esperienze e Riflessioni, curato da Donato Barbone, costruito con lettere, relazioni, interviste, è un documento importante per lo studio della classe dirigente non solo di ieri. Anche oggi, infatti, è forse il problema nodale di un Paese non certo sereno come il nostro dove la politica è incapace di creare ponti tra le tante energie positive che esistono e lavorano con passione, ma senza certezze, alla ventura, lasciando spesso primeggiare persone incolte prive di idee e di qualità.
Leopoldo Pirelli, nato nel 1925, morto proprio dieci anni fa, non si vergogna di parlare dell’importanza della morale e del moralismo, oggi in disuso. In una relazione ai dirigenti dell’azienda, nel 1986 a Losanna, enumera le questioni che gli stanno più a cuore, etica e stile, essenziali in una comunità di lavoro, accanto ai comportamenti adeguati, il tono del fare, lo spirito dell’ambiente. Sa guardare avanti, non è turbato dall’esplosione del 1968, se l’aspettava. In un incontro con i giovani industriali, a Milano, nel 1975, cinque anni dopo il famoso Rapporto Pirelli, enumera di nuovo i problemi da risolvere in una società come la nostra che «non ha tenuto il passo con il rapido progresso dei tempi», problemi irrisolti anche oggi: la burocrazia, la classe politica, la scuola, l’università, l’amministrazione della giustizia, il Mezzogiorno dimenticato, gli essenziali rapporti con la cultura, l’informazione, l’ambiente, l’innovazione tecnologica. «Il profitto, dice, è misura dell’efficienza aziendale, mezzo e non fine».
Da questo libro si può capire come Leopoldo Pirelli sia riuscito a restar fedele a se stesso e alle idee della giovinezza. Non soltanto nel lavoro di fabbrica, ma anche nello stile di vita. Le sue lettere — a Gianni Agnelli, al presidente Ciampi — sono parlanti, mai formali. Scrive a Paolo Baffi, governatore della Banca d’Italia, incriminato dalla magistratura romana nell’operazione andreottiana contro l’avvocato Giorgio Ambrosoli, esprimendogli la sua stima «in questi giorni di sovvertimento morale»; scrive a Indro Montanelli, ferito dalle Br, del suo sdegno di uomo libero a un «altro uomo libero»; scrive, in occasione dei suoi ottant’anni, a Fortebraccio, Mario Melloni, l’acuto corsivista dell’«Unità», che alla fine degli anni Sessanta aveva firmato sul giornale un articolo che «più che disegnare una mia immagine ne faceva a pezzi la presentazione corrente (...) con un tocco così sapiente da permettermi d’essere il primo a divertirmene. Un umorismo tanto micidiale per i panni sociali quanto lieve e intimamente rispettoso per la persona che li indossa». Scrive nel 2003 un omaggio a Claudio Abbado: «Come me ama la solitudine, lo hanno paragonato a un eremita.(...) Non ama il potere, anche se il suo ruolo di direttore d’orchestra è autocratico per eccellenza. Sa di essere nulla senza gli altri.(...) Come me ama il mare. Ricordando come La mer di Debussy fosse stata ispirata alle Isole Sanguinarie antistanti Ajaccio, ha pronunciato parole di autentica passione: “Sono passato spessissimo davanti a quelle isole: le ho viste con il mare calmo, con il mare agitato, all’alba, al tramonto”». Un autoritratto Leggi l'articolo su Corriere della Sera
Leopoldo Pirelli, una lezione preziosa
Non c’è impresa senza rigore etico
In libreria a fine febbraio «Esperienze e riflessioni» edito da Archinto. Gli scritti
dell’industriale a dieci anni dalla sua scomparsa: lettere, relazioni e interviste
Un uomo schivo, riservato, che sa ascoltare soprattutto chi non la pensa come lui, rispettoso degli altri. Nel suo linguaggio tornano di continuo le parole dignità, libertà, uguaglianza, democrazia. Desidererebbe spalancare tutte le finestre del mondo per renderlo migliore, è inorridito dalla malattia della corruzione, convinto che l’onestà e la pulizia finiscano sempre per vincere. Questo scarno ritratto di Leopoldo Pirelli nasce dalla lettura di un piccolo libro, Esperienze e riflessioni, che uscirà tra breve nelle edizioni di Rosellina Archinto. È un grande industriale anomalo del Novecento, Leopoldo Pirelli, non certo un sovversivo. Sente nel profondo la responsabilità di guidare l’azienda dove ha lavorato per mezzo secolo, crede nella libera impresa privata, «insuperata come strumento per promuovere migliori condizioni di vita e come garanzia della libertà generale nel campo non soltanto economico, ma anche sociale e politico». Lo sa fare con modi civili, senza arroganza padronale. Vuol convincere più che comandare.
Esperienze e Riflessioni, curato da Donato Barbone, costruito con lettere, relazioni, interviste, è un documento importante per lo studio della classe dirigente non solo di ieri. Anche oggi, infatti, è forse il problema nodale di un Paese non certo sereno come il nostro dove la politica è incapace di creare ponti tra le tante energie positive che esistono e lavorano con passione, ma senza certezze, alla ventura, lasciando spesso primeggiare persone incolte prive di idee e di qualità.
Leopoldo Pirelli, nato nel 1925, morto proprio dieci anni fa, non si vergogna di parlare dell’importanza della morale e del moralismo, oggi in disuso. In una relazione ai dirigenti dell’azienda, nel 1986 a Losanna, enumera le questioni che gli stanno più a cuore, etica e stile, essenziali in una comunità di lavoro, accanto ai comportamenti adeguati, il tono del fare, lo spirito dell’ambiente. Sa guardare avanti, non è turbato dall’esplosione del 1968, se l’aspettava. In un incontro con i giovani industriali, a Milano, nel 1975, cinque anni dopo il famoso Rapporto Pirelli, enumera di nuovo i problemi da risolvere in una società come la nostra che «non ha tenuto il passo con il rapido progresso dei tempi», problemi irrisolti anche oggi: la burocrazia, la classe politica, la scuola, l’università, l’amministrazione della giustizia, il Mezzogiorno dimenticato, gli essenziali rapporti con la cultura, l’informazione, l’ambiente, l’innovazione tecnologica. «Il profitto, dice, è misura dell’efficienza aziendale, mezzo e non fine».
Da questo libro si può capire come Leopoldo Pirelli sia riuscito a restar fedele a se stesso e alle idee della giovinezza. Non soltanto nel lavoro di fabbrica, ma anche nello stile di vita. Le sue lettere — a Gianni Agnelli, al presidente Ciampi — sono parlanti, mai formali. Scrive a Paolo Baffi, governatore della Banca d’Italia, incriminato dalla magistratura romana nell’operazione andreottiana contro l’avvocato Giorgio Ambrosoli, esprimendogli la sua stima «in questi giorni di sovvertimento morale»; scrive a Indro Montanelli, ferito dalle Br, del suo sdegno di uomo libero a un «altro uomo libero»; scrive, in occasione dei suoi ottant’anni, a Fortebraccio, Mario Melloni, l’acuto corsivista dell’«Unità», che alla fine degli anni Sessanta aveva firmato sul giornale un articolo che «più che disegnare una mia immagine ne faceva a pezzi la presentazione corrente (...) con un tocco così sapiente da permettermi d’essere il primo a divertirmene. Un umorismo tanto micidiale per i panni sociali quanto lieve e intimamente rispettoso per la persona che li indossa». Scrive nel 2003 un omaggio a Claudio Abbado: «Come me ama la solitudine, lo hanno paragonato a un eremita.(...) Non ama il potere, anche se il suo ruolo di direttore d’orchestra è autocratico per eccellenza. Sa di essere nulla senza gli altri.(...) Come me ama il mare. Ricordando come La mer di Debussy fosse stata ispirata alle Isole Sanguinarie antistanti Ajaccio, ha pronunciato parole di autentica passione: “Sono passato spessissimo davanti a quelle isole: le ho viste con il mare calmo, con il mare agitato, all’alba, al tramonto”». Un autoritratto Leggi l'articolo su Corriere della Sera
10 frasi super romantiche da dedicare a San Valentino
(Tante graziose idee e deliziose ricette dedicate al Valentine's Day)
Tantissime frasi da leggere e dedicare a chi ami, da condividere in un biglietto d'accompagnamento al tuo regalo di San Valentino. Il contenuto di queste frasi e pensieri per San Valentino ti renderà super romantica!
1. «Ci sono certi sguardi di donna che l'uomo amante non scambierebbe con l'intero possesso del corpo di lei. Chi non ha veduto accendersi in un occhio limpido il fulgore della prima tenerezza, non sa la più alte delle felicità umane…». (Gabriele D'Annunzio, Il Piacere)
2. «Sarò capace di amare, al di sopra di tutte le delusioni. Di donare, anche quando sono stata privata di tutto. Di lavorare felicemente, anche quando mi trovo in mezzo a mille ostacoli. Di asciugare le lacrime, anche quando sto ancora piangendo. Di credere, anche quando sono stata discreditata». (Paulo Coehlo, Aleph)
3. «L'amore guarda non con gli occhi ma con l'anima; è per questo che Cupido viene dipinto cieco». (William Shakespeare, Sogno di una notte di mezza estate)
4. «Il nostro amore è come il vento… non si vede, ma si percepisce». (Nicholas Sparks, Le parole che non ti ho detto)
5. «Due cose ci salvano nella vita: amare e ridere. Se ne avete una va bene. Se le avete tutte e due siete invincibili». (Tarun Tejpal)
6. «Da quando mi sono innamorata di te, ogni cosa si è trasformata ed è talmente piena di bellezza… L'amore è come un profumo, come una corrente, come la pioggia. Sai, cielo mio, tu sei come la pioggia ed io, come la terra, ti ricevo e accolgo». (Frida Kahlo)
7. «Tu mi ricordi una poesia che non riesco a ricordare, una canzone che non è mai esistita e un posto in cui non devo essere mai stato». (Efraim Medina Reyes)
8. «L'amore è quando non riesci a dormire perché finalmente la realtà è migliore dei tuoi sogni». (Dr Seuss)
9. «Ogni volta che mi guardi nasco nei tuoi occhi». (Jorge Riechmann)
10. «Non sono sicuro di averti dentro di me, né di essere dentro di te, e neppure di possederti. E in ogni caso, non è al possesso che aspiro. Credo invece che siamo entrambi dentro un altro essere che abbiamo creato, e che si chiama 'noi'». (Robert - Clint Eastwood – I Ponti di Madison County) Leggi di questo articolo su Cosmopolitan - Image The Lane
Tempo Libero
Ciaspole: 10 itinerari al top dell’arco alpino
Dalla Valle d'Aosta all'Alto Adige una selezione di facili passeggiate da fare sulla neve battuta o fresca. Immersi nella natura. Per godere di panorami mozzafiato. E anche gustare specialità gourmet
Ciaspolare ovvero camminare sulla neve battuta o fresca con le ciaspole ai piedi. Per fare attività fisica in alternativa allo sci, per scoprire luoghi lontani dalle mete più conosciute, per entrare in contatto con la natura regalandosi splendidi panorami, ma anche soste gourmet. Passeggiare con le ciaspole è alla portata di tutti, bambini compresi e diventa quindi una proposta low cost valida anche per le famiglie. Dal Trentino alla Valle d’Aosta gli itinerari con le ciaspole sono numerosi e vari. Dai più facili in zone pianeggianti a quelli più impegnativi in mezzo ai boschi e con decine di metri di dislivello. Leggi l'articolo su IoDonna e Vai alla gallery con gli itinerari
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